ENERGIE RINNOVABILI ED AMBIENTE MONTANO

Di Linda Colosini (Socia AIAT).

Venerdì 7 Ottobre 2016 si è svolto ad Omegna (VB) il seminario “Energie rinnovabili e ambiente montano” organizzato dall’Associazione culturale ARS.UNI.VCO, dall’Ordine degli Ingegneri VCO e da ITCOLD (Comitato Nazionale Italiano per le Grandi Dighe). Questa quinta edizione del seminario si è focalizzata prevalentemente sugli aspetti tecnico-operativi degli impianti idroelettrici realizzati in ambienti montani.

La prima parte del seminario ha fornito un quadro sui possibili sviluppi delle rinnovabili in Italia, mentre durante la seconda parte sono stati presentati dei casi di interventi di realizzazione di impianti idroelettrici in montagna facendo emergere le difficoltà tecnico-operative ed i modi per superarle. Con l’intervento introduttivo di Corrado Ciocca, appartenente all’Ordine degli Ingegneri della Provincia del VCO, è emerso che la strategia decisionale vincente è quella che prevede che ogni scelta tecnica si debba uniformare in modo armonioso con obiettivi stabiliti ad un livello ampio. Solo guardando le cose da un punto di vista più esteso è possibile non perdere di vista alcun aspetto sostanziale e fare scelte mirate più coscienti. Partendo dagli impatti economici, geopolitici, sociali ed ambientali conseguenti all’utilizzo di combustibili fossili è stato evidenziato quanto sia conveniente, sotto ogni aspetto, potenziare il settore delle rinnovabili nel nostro Paese. In Italia in questo settore l’idroelettrico fa da padrone, infatti la maggior parte del potenziale idroelettrico utilizzabile è già stato sfruttato durante il secolo scorso. Con questa consapevolezza conviene focalizzarsi non tanto nella tradizionale realizzazione di impianti di media o grossa taglia, quanto nell’ottica degli impianti di ultima generazione di “mini” e “micro” taglia. A questo proposito sono stati presentati tre “casi studio” di realizzazione di mini idro nel Nord Italia dall’Ing. Alessandro Calvi, coordinatore di ITCOLD – Young Engineers Forum (diga di Creva II, diga del Ghirlo e diga di S. Caterina).

Per quanto riguarda le altre rinnovabili: l’utilizzo delle biomasse in montagna è una scelta congeniale poiché consente di avere il duplice vantaggio di ripulire i boschi ed i sentieri (in quanto ivi è presa la biomassa) per avere energia. Anche la strada del solare in montagna è percorribile perché la fonte è abbondantemente disponibile e l’economia sostenuta adottando questa tecnologia è interamente italiana. L’energia eolica nel Nord Italia è invece poco utilizzabile: il potenziale eolico nelle Alpi non è elevato, inoltre molte zone sono di pregio naturalistico e quindi soggette a vincoli. Infine, ma non meno rilevante, in montagna possono risultare molto convenienti semplicemente piccoli interventi di efficientamento energetico.

La seconda relatrice, un funzionario pubblico della Provincia del VCO, Tartari Moira, ha presentato gli sviluppi normativi per le derivazioni dai corsi d’acqua: in Italia, la Direttiva Quadro sulle Acque dell’UE del 2000 è stata recepita dal D.Lgs. 152/06 e poi approvata anche dal Piano di gestione del distretto idrografico del fiume Po (PdG Po). La Direttiva Derivazioni poi introduce un metodo di valutazione delle derivazioni di acque superficiali o sotterranee finalizzato alla verifica della compatibilità delle derivazioni stesse rispetto agli obiettivi di tutela ed alle previsioni contenuti nel PdG Po e, più in generale, rispetto alla normativa di settore. L’applicazione della Direttiva Derivazioni costituisce la condizione minima necessaria per verificare la compatibilità delle derivazioni oggetto delle istanze di nuova concessione o di rinnovo di quelle preesistenti rispetto alle finalità ed agli obiettivi previsti dalle disposizioni di legge e di Piano, nonché rispetto alle prescrizioni formulate in sede comunitaria. Detta Direttiva è in fase di sperimentazione, la sua applicazione è obbligatoria per tutte le istanze presentate a partire dal 13 gennaio 2016 e per i successivi 18 mesi. Per le istanze in corso di istruttoria alla data di adozione, la Direttiva assume il valore di linea guida a supporto della valutazione di compatibilità della derivazione rispetto agli obiettivi del PdG Po vigente. La relatrice ha mosso perplessità in merito all’ingerenza della Direttiva nell’Art. 96 del D.Lgs. 152/2006 (inerente le concessioni di derivazione e di utilizzazione), all’inflessibilità ed alla durata della sperimentazione.

Successivamente è stato riportato dall’Ing. Julio Alterach il contributo della Ricerca per il calcolo del potenziale idroelettrico, differenziandolo tra massimo, residuo ed effettivo. Riuscire ad ottenere la potenzialità idroelettrica effettiva di un territorio è tanto utile quanto arduo. Occorre infatti ricordare la necessità di soddisfare sempre più gli usi plurimi spesso conflittuali tra loro della risorsa idrica e gli obiettivi di salvaguardia delle condizioni quali-quantitative dei corsi d’acqua (il rilascio del Deflusso Minimo Vitale). Si sono resi necessari lunghi lavori di studio per l’individuazione della metodologia migliore per l’identificazione del potenziale effettivo. È stato prodotto, per ora per la sola Provincia del VCO, uno strumento software interattivo che consente di effettuare la valutazione del potenziale idroelettrico effettivo considerando 3 scenari: uno storico, tenendo conto degli impianti attualmente in uso, un altro scenario considerando anche le concessioni degli impianti in costruzione e, per ultimo, un terzo scenario tenendo conto delle eventuali autorizzazioni di tutti gli impianti in fase di «iter autorizzativo». La Provincia ha quindi a disposizione uno strumento che consente agli uffici della pubblica amministrazione l’inserimento di nuove concessioni idriche e la visualizzazione degli effetti riguardo le nuove portate residue nei corsi fluviali, le nuove energie potenziali effettive e, quindi, le potenze installabili.

Proprio degli impatti ambientali delle derivazioni ad uso idroelettrico sui corsi d’acqua ha poi parlato l’Ing. Marzia Ciampittiello, ricercatrice presso l’I.S.E. CNR di Verbania-Pallanza. Nel corso degli ultimi 50/60 anni, infatti, la morfologia e la dinamica della maggior parte dei fiumi europei e italiani hanno subito profonde trasformazioni, soprattutto a causa della costruzione delle dighe. Esse, se da un lato hanno un importante effetto di laminazione delle piene, dall’altro alterano il naturale flusso liquido e solido e la configurazione planimetrica e altimetrica dell’alveo. Ogni volta che si desidera installare una centralina per la generazione di energia a partire da un corso d’acqua, spiega la relatrice, andrebbe fatta una fondamentale riflessione: “Si può trovare un modo per assecondare il corso d’acqua in modo da poterlo utilizzare lungamente nel tempo? Si riesce a renderlo resiliente?”

L’Ing. Andrea Bonacci, esperto professionista del settore, ha poi presentato alcuni casi a confronto di realizzazione di impianti idroelettrici a medio/alte altitudini con rilevanti difficoltà tecniche. Il relatore ha evidenziato che per un impianto in ambiente poco agevole è essenziale un progetto “ben realizzato” per poter affrontare i diversi tipi di problematiche che si presentano sia in fase di progettazione che di autorizzazione che di realizzazione. Questo significa preliminarmente eseguire un rilievo dettagliato ed approfondito dello stato di fatto, mentre in fase progettuale: prevedere accessi/viabilità (per i mezzi pesanti ed eventualmente per l’elicottero se si rende necessario), aree di stoccaggio materiale ed eventuali baracche di cantiere se questo è posto in luogo remoto, preferire tubazioni in polietilene (per la semplicità delle saldature) e scegliere attentamente la tipologia di strutture e di giunzioni. In luoghi ostili come in montagna, occorre seguire attentamente anche ogni fase della realizzazione del progetto e programmare dettagliatamente le forniture dei materiali e dei macchinari necessari (materie prime, escavatori, ragni, ecc.).

Oltre alle precedenti problematiche, i cantieri di montagna presentano anche criticità relative alla sicurezza spesso non presenti in “normali” cantieri, per questo è necessaria la figura di un CSE. L’Ing. Cristina Telaro ha affrontato la tematica dell’efficienza delle installazioni a fonti rinnovabili e della necessità che si presenta di dover accumulare l’energia fornita da certi impianti a causa della frequente non corrispondenza tra domanda e offerta. È constatato che l’idroelettrico è la fonte energetica più “pulita”, a parità di potenza è quella che produce la maggior quantità di energia. Inoltre l’energia accumulata negli invasi alpini è certamente la più disponibile per seguire le variazioni richieste dall’utenza e quindi quella che contribuisce a sostenere la rete e che dà maggior sicurezza per il suo ripristino nel caso di blackout.

Ringrazio AIAT per avermi offerto questa interessante opportunità.

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