Lean management a supporto dello sviluppo sostenibile nei paesi emergenti

di Rossella Luglietti (Politecnico di Milano), Monica Rossi (Politecnico di Milano).

Il crescente sviluppo industriale dei paesi dell’est asiatico e in generale dei paesi emergenti potrebbe avere un impatto negativo sul raggiungimento degli obiettivi mondiali di riduzione dei gas ad effetto serra, del consumo di risorse naturali e per un corretto trattamento dei rifiuti industriali. Negli ultimi anni sono state implementate diverse azioni per aumentare la consapevolezza verso i problemi legati al riscaldamento globale, al consumo incontrollato delle risorse e all’inquinamento delle aree idriche e rurali. Il programma delle Nazioni Unite (UN Global Compact) si pone l’obiettivo di divulgare nei paesi in via di sviluppo l’importanza di creare un’economia globale sostenibile e inclusiva, che possa al tempo stesso offrire benefici duraturi alle persone, alla comunità e ai mercati mondiali. Uno degli aspetti critici è la difficoltà che spesso si incontra nel diffondere il concetto di sviluppo sostenibile, di scarsità di risorse e di riduzione dei consumi energetici, in paesi a ridotta innovazione tecnologica, bassi costi di acquisto delle materie prime e dell’energia, ed abbondanza di materiali primari. Una delle strade possibili per creare consapevolezza tra i paesi emergenti sull’importanza di queste tematiche è la connessione tra sviluppo sostenibile e lean thinking. Infatti, la metodologia lean può essere utilizzata sotto diversi aspetti per accelerare lo sviluppo sostenibile di un’azienda e di un paese. In primo luogo, può essere utilizzata come un mezzo per migliorare l’efficienza dei processi produttivi attraverso la riduzione degli sprechi. In secondo luogo, il concetto di miglioramento continuo diventa la base per un’industria sostenibile. Una riduzione degli sprechi di processo industriale e una produzione più snella, secondo la logica just-in-time dei principi lean, consente una riduzione dei consumi di risorse. Ed è così che grazie all’identificazione degli sprechi industriali si ottiene una diretta riduzione di consumi energetici e di materiali, con un conseguente effetto positivo sull’ambiente.

È con questi obiettivi che il progetto LEANGO ha riunito in Myanmar lo scorso Gennaio il Politecnico di Milano1, BuildingMarkets2, e piccole-medie imprese locali operanti nei settori manifatturieri della plastica, carta, alluminio e vetro, principalmente nella zona di Yangon, una delle città principali del Myanmar. Il progetto si è sviluppato in tre fasi: una prima fase di formazione, dove sono stati spiegati i concetti di ciclo di vita, impatto ambientale e sprechi industriali del processo produttivo, una seconda fase dove sono state svolte delle visite tra le aziende partecipanti così da poter fornire indicazioni di miglioramento, ed infine una fase di monitoraggio, per aiutare le aziende stesse ad implementare alcune azioni correttive e sostenerle nel tempo. A seguito delle visite alle aziende sono state riscontrate alcune criticità condivise, in termini di sprechi di processo industriale. Le aziende tendono ad avere grandi stock di produzione, per poter rispondere alla domanda del cliente nel più breve tempo possibile. Inoltre, il basso costo della manodopera porta a situazioni di over processing dove i prodotti subiscono lavorazioni in più fasi della filiera di produzione che potrebbero essere ridotte facilmente ad un numero inferiore, con riduzione in termini di difetti e consumi energetici.

Durante il progetto LEANGO sono state trattate anche le tematiche legate alle normative ambientali. Infatti, il Myanmar è un paese in continua crescita, e negli ultimi anni è aumentata anche l’attenzione all’ambiente e all’inquinamento industriale. Le prime norme in materia di emissioni e di scarichi idrici sono state emanate nel 2012. Ad oggi non ci sono dei veri e propri regolamenti, ma solo indicazioni sulla salvaguardia ambientale del territorio. Una delle aziende visitate durante il periodo trascorso a Yangon si occupa della produzione di beni in alluminio, ed in particolare pentole di diverse misure con i relativi coperchi. L’azienda acquista i fogli di alluminio primario dalla vicina Cina. Una volta tagliati e piegati in forma da specifici macchinari le pentole vengono disposte in ambiente confinato per riscaldare l’alluminio e renderlo più modellabile per dare alla pentola la forma finale. I prodotti così ultimati vengono immersi in una vasca di acqua per il raffreddamento e successivamente asciugati mediante l’utilizzo di una stufa a carbone, durante la stagione delle piogge, e al sole durante la stagione calda. Il passaggio di raffreddamento è uno dei primi momenti critici dal punto di vista ambientale, in quanto la vasca di acqua dove vengono eliminati i residui di lavorazione viene svuotata in ambiente esterno circostante, senza alcun sistema di trattamento preliminare. Inoltre, la stufa a carbone non prevede nessun tipo di abbattimento dei fumi, che vengono emessi in atmosfera e respirati direttamente dagli operatori, i quali lavorano senza l’ausilio di mascherine. Infatti, oltre alle problematiche legate all’inquinamento delle aree naturali, i problemi legati alla salute e sicurezza dei lavoratori non sono ancora stati affrontati dalla normativa vigente, ma solo accennati come standard da valutare. A questo proposito sono stati suggeriti dei cambiamenti durante la fase di asciugatura, usando dei sistemi di confinamento dell’aria e camini che migliorino le condizioni dell’aria all’interno dei luoghi di lavoro. Inoltre, l’azienda sta valutando dei sistemi in sito per abbattere l’inquinamento dell’acqua prima di rilasciarla nell’ambiente.

Uno dei principali punti di forza delle aziende nei paesi in via di sviluppo è l’attenzione al riciclo degli scarti industriali. Il settore plastico è uno dei settori più avanzati per quanto riguarda il riciclo dei materiali per la produzione di beni, come accessori per arredamento. Infatti, le aziende per ridurre i costi di acquisto si sono organizzate ad utilizzare gli scarti industriali, ad esempio a seguito di un processo di estrusione, oppure prodotti plastici provenienti dalla raccolta differenziata. Nel caso specifico dell’azienda di prodotti in alluminio gli scarti di taglio dei fogli di lamiera per la produzione delle pentole vengono fusi nuovamente in un processo interno e riutilizzati per la produzione dei coperchi o del pentolame di dimensioni inferiori che richiede caratteristiche tecniche inferiori. Se da una parte questa attività riduce l’acquisto di materiale vergine dalla Cina, con una conseguente riduzione dei costi di acquisto, dall’altra parte la scarsa innovazione del processo può portare ad un aumento delle emissioni inquinanti e a cattive condizioni di lavoro. Uno dei principali problemi legato al processo di riciclo è l’utilizzo di un ambiente non confinato per la fusione, con conseguenti emissioni nocive, e scarse caratteristiche tecniche del materiale riciclato. Un’ipotesi di miglioramento è quella di utilizzare una fornace confinata che potrebbe risolvere sia i problemi di inquinamento che di qualità del materiale, con una conseguente riduzione di materiali vergini acquistati. L’innovazione tecnologica potrebbe aiutare anche a ridurre la produzione di scarti, dovuta principalmente a lavorazioni manuali.

Gli elevati costi legati all’innovazione aziendale potrebbero essere superati grazie alla promozione di attività di cooperazione tra le aziende locali dello stesso settore, ad esempio condividendo le spese di acquisto dei macchinari necessari, come nel caso specifico dell’alluminio di una fornace, e condividendone l’utilizzo. Invece, una cooperazione tra i paesi emergenti e i paesi sviluppati potrebbe facilitare l’avvento dell’innovazione tecnologica attraverso il commercio di macchine industriali. Questo processo deve però essere regolamentato da una normativa ad hoc, anche grazie all’aiuto delle ONG che collaborano con le aziende locali, impedendo il traffico di prodotti che nei paesi sviluppati siano classificati come “rifiuti”. La scarsa innovazione tecnologica e le difficoltà economiche che caratterizzano i paesi in via di sviluppo quali il Myanmar, potrebbero rivelarsi vantaggiose – e addirittura vincenti – nel promuovere un’economia circolare, se propriamente supportati dalla consapevolezza dell’importanza di uno sviluppo sostenibile. Sono quindi progetti internazionali come LEANGO che, con il supporto di ONG locali, contribuiscono a questo scopo aiutando le aziende dei paesi in via di sviluppo a competere globalmente, avendo l’economia circolare come perno per il successo.

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