IMPIANTI A BIOMASSE: IMPATTO AMBIENTALE E TRATTAMENTO EMISSIONI

Il 29 giugno scorso, ospitati da EIOM in una accogliente sala del Crowne Plaza Hotel di San Donato Milanese, abbiamo parlato dell’impatto ambientale degli impianti per la produzione di energia da biogas e biomasse. Il convegno è stato moderato da Senem Ozgen (Dip. di Ingegneria Civile ed Ambientale del Politecnico di Milano e Laboratorio Energia e Ambiente Piacenza – LEAP). In questo primo articolo si riassume quanto emerso per gli impianti a biomasse.

Il ruolo delle emissioni della combustione di biomasse sulla qualità dell’aria in Lombardia.

Come illustratoci da Vorne Gianelle di ARPAL, l’uso della legna per riscaldamento può dare un contributo importante nella lotta ai cambiamenti climatici, ma è necessario proseguire lo sviluppo tecnologico degli apparecchi a biomassa per ridurne l’impatto sulla qualità dell’aria delle nostre città; anche le migliori stufe infatti hanno fattori di emissione di PM10 ben superiori a quelle dei combustibili gassosi (tipicamente, gas naturale).

Pur riscaldando solo il 7% degli ambienti in Lombardia, le biomasse sono la principale fonte di PM10, a causa appunto degli elevati fattori di emissione a parità di calore reso, soprattutto degli apparecchi vecchi. (INEMAR 2015).

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La combustione della legna, secondo i dati degli inventari delle emissioni, è tra le principali sorgenti di PM10 primario (particolato direttamente emesso in forma solida o liquida – secondario è quello che si forma in atmosfera dalla trasformazione di alcuni gas) e di Benzo(a)pirene.

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Le misure in ambiente esterno confermano il quadro emissivo degli inventari di cui alla figura precedente. Nella figura successiva la ripartizione delle sorgenti sulla concentrazione media annua di PM10 a Milano 2013 (fonte: progetto AIRUSE); unità di misura [ μg/m3 , % ].

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Il ruolo delle biomasse è evidente anche dal confronto fra i valori di Benzo(a)pirene misurati nelle centraline di monitoraggio di città più soggette a traffico (cerchiate in rosso) e montane (blu).

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Il problema è comune a molte aree del mondo occidentale. E’ possibile pensare di usare la legna riducendo le emissioni pur di usare buoni apparecchi, ben installati, mantenuti e gestiti. Le azioni intraprese in Lombardia sono la limitazione all’uso di apparecchi domestici obsoleti: dal 2006, negli agglomerati di MI, BG, BS e nei Comuni a quota < 300 m s.l.m. è vietata la combustione di legna dal 15 ottobre al 15 aprile in apparecchi con rendimento <63%. Inoltre sono adottate norme per l’installazione e manutenzione, per le quali:

– Stufe e caminetti sono assimilati agli impianti termici (P > 5 kW).

– I nuovi impianti a biomassa devono essere installati secondo quanto previsto dal DM 37/08 e devono essere dotati di “Libretto di impianto”.

– I nuovi apparecchi installati a partire dal 1 agosto 2014 devono rispettare valori minimi di rendimento.

– Manutenzione: deve essere eseguita da soggetti abilitati (DM n. 37/08). La frequenza di manutenzione e pulizia canna fumaria ha periodicità massima di 2 anni.

– Controlli: equiparazione altri impianti termici. Effettuati da soggetti abilitati ai sensi del DM 37/08;

– Censimento: inserimento in CURIT (catasto regionale impianti termici) a cura del manutentore.

Comparando i dati dal 2008 al 2015 si può constatare che le emissioni del comparto, pur confermandosi importanti, mostrano trend in miglioramento grazie al rinnovo degli apparecchi.

 

Emissioni da uso energetico di biomassa solida – La composizione chimica e gli effetti biologici delle polveri ultrafini.

Stefano Signorini (LEAP) ed Emanuela Corsini (LEAP, UniMI – Dipartimento di scienze farmacologiche e biomolecolari) hanno presentato gli esiti del progetto di ricerca TOBICUP (TOxicity of BIomass COmbustion generated Ultrafine Particles), a cui hanno partecipato LEAP, Politecnico e Università degli Studi di Milano, Università degli Studi di Firenze, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.

Il particolato ultrafine (UFP, diametro<0,1 μm) si distingue per:

• scarso contributo in termini di massa;

• contributo preponderante in termini di numero;

• avendo dimensioni molto piccole è in grado di superare le membrane cellulari e di trasmigrare verso organi diversi dai polmoni;

• è poco studiato e non normato rispetto alle granulometrie più grandi.

Per avere un’idea delle dimensioni dei relativi particolati nella figura seguente sono confrontati con un capello umano. PM10 è rappresentato dalle palline blu, il PM 2,5 è rappresentato dalle palline gialle; sull’ingrandimento di una pallina gialla i cerchietti rossi danno un’idea delle dimensioni del particolato ultrafine.

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Obiettivi della ricerca

Obiettivi del progetto di ricerca sono stati la determinazione fisico-chimica e tossicologica del particolato ultrafine, effettuata sia su campioni da emissioni sia su campioni ambientali.

1.- Caratterizzazione fisico-chimica delle UFP: composizione chimica (contenuto ionico solubile in acqua, materiale carbonioso elementare, Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), anidro-zuccheri (Levoglucosano ed isomeri), metalli (Al, As, Ba, Cd, Cu, Fe, Mn, Mo, Ni, Pb, Sr, Ti, U, Zn). L’importanza dell’obiettivo 1:

– IPA: composti potenzialmente cancerogeni;

Levoglucosano e Potassio: traccianti in aria ambiente per le emissioni provenienti dalla combustione della biomassa legnosa.

2.- Caratterizzazione delle attività biologiche con prove tossicologiche effettuate su cellule polmonari alveolari (test in vitro). Importanza dell’obiettivo 2 è nella valutazione di:

– Genotossicità: misura di danni al DNA, è a sua volta predittiva di situazioni che possono potenzialmente evolvere verso un tumore;

– Infiammazione: può scatenare effetti locali e sistemici (es. eventi cardiovascolari);

– Stress ossidativo da specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto: causa più frequente del danno al DNA e di risposte infiammatorie.

Misure a camino (fattori di emissione)

Sono stati misurati i fattori di emissione sperimentali di particolato ultrafine sotto condizioni rappresentative dell’utilizzo reale dell’apparecchio, per due tecnologie di combustione: il pellet e la legna a ciocchi. Per entrambe le tecnologie sono state testate due essenze legnose: l’abete come rappresentante dei softwood ed il faggio per gli hardwood.

Misure in ambiente

Le misure in ambiente sono state effettuate in Valtellina a Morbegno (SO), con una campagna invernale ed una estiva. La combustione di legna è diffusa in inverno per il riscaldamento nelle abitazioni, mentre altre sorgenti (per es. traffico) non sono significativamente diverse nelle due stagioni.

Conclusioni

A parità di massa le polveri ultrafini (UFP) presentano una reattività biologica paragonabile a quella del PM10.

Minori effetti negativi (a parità di energia rilasciata) sono stati rilevati per le UFP ottenute dalla stufa a pellet con faggio; a seguire il pellet d’abete e la stufa con abete in ciocchi. Maggiori effetti negativi infine dalla stufa a ciocchi con faggio. In altre parole il pellet ‘brucia’ meglio della legna e le UFP ottenute da pellet di faggio sono biologicamente meno reattive di quelle di abete; al contrario le UFP da legna di abete sono biologicamente meno reattive di quelle di faggio.

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Le UFP raccolte in inverno o in estate presentano un comportamento biologico diverso: quelle raccolte in estate sono più pro infiammatorie, mentre quelle invernali sono più genotossiche.  In inverno è evidente la presenza di traccianti della combustione di legna (Levoglucosano e Potassio) il che conferma il ruolo quantitativo della sorgente “wood burning”, allo stesso tempo l’aumento della concentrazione degli Idrocarburi Policiclici Aromatici (specialmente Benzo(a)pirene e Benzo(b)fluorantene) spiega il maggiore potenziale genotossico.

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L’abbattimento degli inquinanti negli impianti a biomassa: problemi e possibili soluzioni.

Gabriele Migliavacca (Innovhub – Stazione sperimentale per i combustibili) ha illustrato i quattro principali sistemi di abbattimento:

  • Cicloni, sistemi di separazione inerziale basati sulla forza centrifuga;
  • scrubber a umido, che catturano le particelle inglobandole nella fase liquida;
  • precipitatori elettrostatici (ESP) che caricano elettricamente il particolato mediante un intenso campo elettrico;
  • filtri a maniche che effettuano un filtraggio attraverso un idoneo tessuto.

Nella figura seguente sono riportate schematicamente le peculiarità prestazionali delle diverse tecnologie.

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Il dott.Migliavacca ha poi riportato alcuni risultati dello studio: Reduction of PM Emissions from Biomass Combustion Appliances: Evaluation of Efficiency of Electrostatic Precipitators, pubblicato nel 2014. Sono stati testati due precipitatori elettrostatici, di diversa lunghezza, con diverse stufe e caldaie, nonché diversi combustibili. Nella figura seguente sono riportati i risultati di una caldaia da 25 kW, con diversi tipi di pellet di bassa e alta qualità. Le emissioni, espresse in mg/m3, sono state misurate prima (upstream) e dopo il filtro (downstream), permettendo così di calcolare l’efficienza di abbattimento del filtro stesso.

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Oltre alle prove di efficienza con gli impianti nuovi, sono state eseguite prove di invecchiamento; purtroppo per problemi tecnici solo per alcune configurazioni è stato tecnicamente possibile ripetere le misurazioni dopo 5 e 10 giorni di funzionamento. E’ risultato comunque sempre evidente un calo dell’efficienza già pochi giorni dopo l’utilizzo. Considerando ad esempio la caldaia da 25 kw, nella figura seguente in colore azzurro (B25) combinata con il precipitatore corto (short ESP), l’efficienza di abbattimento, superiore al 80% il primo giorno di funzionamento, è prossima al 40% dopo 5 giorni ed inferiore al 20% dopo 10 giorni. Il precipitatore lungo (long ESP) installato a valle della stessa caldaia ha manifestato dopo 5 giorni un calo di efficienza più ridotto, ma per problemi tecnici non è stato possibile effettuare la misura anche a 10 giorni.

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Casi applicativi di abbattimento di emissioni in impianti di teleriscaldamento a biomassa e a biogas

Alessandro Brè di (FIPER, TCVVV) ha illustrato le misure adottate per la riduzione delle emissioni negli impianti da loro gestiti.

Misure primarie

Miglioramento delle caratteristiche del combustibile (tipologia, pezzatura, umidità):

• un combustibile senza cortecce ed impurità garantisce emissioni inferiori;

• un combustibile di pezzatura maggiore assicura emissioni di particolato in camera di combustione inferiori anche di un ordine di grandezza;

• combustibili più umidi necessitano di maggiore ventilazione in camera di combustione, comportando un maggior trascinamento di particolato.

L’ottimizzazione della combustione avviene con sistemi automatici di controllo e con la regolazione in base ai parametri misurati in camera; è fondamentale poter intervenire con la modifica dei parametri di regolazione.

Misure secondarie

Sistemi specifici di contenimento e riduzione per il particolato sono filtri elettrostatici, a maniche e gli scrubber. Per gli Ossidi di azoto il ricircolo dei fumi ed il DENOx SCR – SNCR.

Misure generali

La corretta gestione e manutenzione dell’impianto è fondamentale per evitare le situazioni di emergenza: la biomassa è già di per se un combustibile eterogeneo che a volte può determinare combustione e funzionamento problematici; se una buona gestione dell’impianto riduce gli imprevisti tecnici, abbiamo più margine per affrontare le eterogeneità del combustibile.

Emissioni dei grandi impianti a biomassa

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Dai dati appena esposti, per gli impianti di teleriscaldamento e cogenerativi a biomassa al servizio di aree montane, per il solo effetto di sostituzione della tecnologie di riscaldamento utilizzate (gasolio, caminetti, caldaie a legna domestiche), si rileva una riduzione significativa delle emissioni, senza contare gli altri aspetti legati alla cura e manutenzione del territorio che rappresentano il reale e distintivo vantaggio.

Dal 2009 al 2016 l’approvvigionamento di biomassa derivante dalla manutenzione forestale delle centrali di teleriscaldamento di Tirano, Sondalo, Santa Caterina Valfurva è passato dal 22% al 65% registrando un incremento del 43%.

Nel solo anno 2015-2016 il distretto agro-energetico TCVVV ha acquistato residui legnosi provenienti dalla gestione del patrimonio boschivo locale per un valore di 1.709.000 Euro, redistribuiti interamente sul territorio.

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